Ricorso della regione Lombardia, in persona  del  presidente  della
 giunta  regionale  ing. Giuseppe Giovenzana, autorizzato con delibera
 della giunta regionale n. 12500 del 29 agosto 1991,  rappresentato  e
 difeso  dagli  avv.ti prof. Valerio Onida e Gualtiero Rueca, e presso
 quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, largo  della  Gancia,
 1,  come  da delega a margine del presente atto, contro il Presidente
 del Consiglio  dei  Ministri  pro-tempore  per  la  dichiarazione  di
 illegittimita'  costituzionale parziale del d.lgs. 22 giugno 1991, n.
 230, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 179 del 1º agosto 1991, e
 recante "approvazione della tariffa  delle  tasse  sulle  concessioni
 regionali  ai  sensi  dell'art. 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281,
 come sostituito dall'art. 4 della legge 14 gennaio 1990, n. 158".
    1. - Il d.lgs. 22 giugno 1991, n. 230,  ha  approvato  la  tariffa
 delle  tasse  sulle  concessioni  regionali,  destinata ad entrare in
 vigore il 1º gennaio 1992. Esso e' stato emanato in forza dell'art. 4
 della legge 14 giugno 1990, n. 158, il cui primo comma ha  sostituito
 interamente   l'art.   3   della   legge  16  maggio  1970,  n.  281,
 disciplinante appunto le tasse sulle concessioni regionali.
    Secondo il testo originario dell'art. 3 legge n. 281/1970 le tasse
 sulle concessioni regionali si applicavano agli atti e  provvedimenti
 adottati  dalle  regioni  corrispondenti  a quelli gia' di competenza
 dello Stato e assoggettati alle tasse sulle concessioni governative.
    L'ammontare delle tasse era determinato dalla  regione,  in  prima
 applicazione  entro  limiti  minimi  e massimi rapportati alla misura
 delle corrispondenti tasse erariali.
    Gli aumenti successivi potevano essere  stabiliti  dalle  regioni,
 entro  limiti  percentuali  fissati  in  origine dal secondo comma di
 detto art. 3, e successivamente dall'art.  25,  decimo  e  undicesimo
 comma,  del  d.-l. 28 febbraio 1988, n. 55, convertito nella legge 26
 aprile 1983, n. 131, in relazione agli  importi  determinati  per  il
 periodo precedente.
    Pertanto  l'ammontare delle tasse poteva essere diverso da regione
 a regione, e cosi' in fatto e' in vari casi.
    Per quanto riguarda la regione ricorrente, essa ha disciplinato le
 tasse sulle concessioni regionali da ultimo  con  la  l.r.  10  marzo
 1980,  n.  25,  che  in  allegato contiene la tariffa relativa, i cui
 importi sono stati ripetutamente modificati in aumento, da ultimo con
 la l.r. 29 dicembre 1990, n. 66.
    Il nuovo testo dell'art. 3 legge n. 281/1970, recato  dall'art.  4
 legge n. 158/1990, stabilisce viceversa che la tariffa delle tasse di
 concessione   sia   "approvata   con  decreto  del  Presidente  della
 Repubblica, avente valore di legge ordinaria" (primo comma),  decreto
 da  emanarsi  entro  un  anno  dall'entrata  in vigore della legge n.
 158/1990 (art. 4, secondo comma, di tale ultima  legge).  La  tariffa
 deve indicare (secondo comma):
      "  a)  gli  atti  e i provvedimenti ai quali, ai sensi di quanto
 disposto al primo comma, si  applicano  le  tasse  sulle  concessioni
 regionali;
       b) i termini entro i quali il tributo relativo a ciascun atto o
 provvedimento soggetto deve essere corrisposto;
       c)   l'ammontare   del   tributo  dovuto  per  ciascun  atto  o
 provvedimento ad esso soggetto.. .. ..;
       d) eventuali norme, che disciplinano  in  modo  particolare  il
 tributo indicato in alcune voci di tariffa".
    Per  quanto  riguarda  l'ammontare  del tributo, la lettera c) del
 citato secondo comma prevede che "nel caso di provvedimenti  od  atti
 gia' soggetti a tassa di concessione, sia governativa che regionale o
 comunale,  l'ammontare  del  tributo sara' pari a quello dovuto prima
 della  data  di  entrata  in  vigore  della  tariffa.  In   caso   di
 provvedimenti  o  atti  gia'  assoggettati  a  tassa  di  concessione
 regionale di ammontare diverso in ciascuna regione,  l'ammontare  del
 tributo  da  indicare  nella  nuova tariffa sara' pari al novanta per
 cento del tributo di ammontare piu' elevato, e comunque non inferiore
 al tributo di ammontare meno elevato".
    2. - Il d.lgs. n. 230/1991, nello stabilire la tariffa delle tasse
 sulle concessioni regionali, ha violato i limiti e  i  criteri  della
 delega,   determinando   altresi'   una   violazione   dell'autonomia
 costituzionalmente protetta della regione, sotto alcuni profili.
    In primo luogo nelle "note" che  accompagnano  alcune  voci  della
 tariffa  non  ci si limita a dettare precisazioni sugli atti soggetti
 al tributo, a stabilire i termini  entro  i  quali  il  tributo  deve
 essere  corrisposto,  e  a  dettare  norme  che  disciplinano in modo
 particolare il tributo (secondo  la  previsione  del  nuovo  art.  3,
 secondo  comma,  lettere a), b) e d), della legge n. 281/1970), ma si
 dettano altresi' alcune norme attinenti, anziche' al tributo  o  alla
 sua  applicazione,  alla  attivita'  amministrativa della regione, ai
 presupposti o al contenuto dei relativi atti  e  provvedimenti,  alla
 efficacia  temporale  di  questi, o alla destinazione del gettito del
 tributo; ovvero si disciplinano altresi' i presupposti e l'importo di
 ulteriori tasse o contributi, che pur essendo anche in passato talora
 (ma  non  sempre)  previsti  e  disciplinati  dai  provvedimenti  che
 stabilivano  la  tariffa  delle tasse sulle concessioni, non sembrano
 rientrare propriamente nell'ambito  di  definizione  del  tributo  in
 questione,  e  quindi nell'ambito della delega di cui al nuovo art. 3
 della legge n.  281/1970,  ma  attenere  piuttosto  all'esercizio  di
 poteri  riconducibili  alla  potesta' normativa sostanziale spettante
 alle Regioni nelle materie considerate.
    Cosi':
      le note alle voci n. 1 (concessione per l'apertura e l'esercizio
 di  farmacie)  e n. 4 (autorizzazione all'apertura e all'esercizio di
 stabilimenti termali-balneari e di gabinetti medici e ambulatori dove
 si pratica la radioterapia) stabiliscono che,  oltre  alle  tasse  di
 concessione,  i  titolari delle relative concessioni o autorizzazioni
 sono tenuti al pagamento, nelle misure ivi indicate,  rispettivamente
 di  una  "tassa annuale di ispezione regionale" e di una "tassa annua
 di ispezione" con riferimento agli artt. 128 e  196  del  t.u.  delle
 leggi sanitarie;
      la   nota   alla   voce  n.  2  (autorizzazione  all'apertura  e
 all'esercizio di  stabilimenti  di  produzione  e  smercio  di  acque
 minerali) stabilisce che "l'autorizzazione e' sempre necessaria anche
 se  l'acqua venga posta in vendita alla fonte o nello stabilimento di
 produzione (art. 4 del regolamento 28 settembre 1929, n. 1924)";  che
 "quando trattasi di piu' sorgenti tra loro diverse per composizione o
 per  modo  di  utilizzazione,  occorrono  distinte  autorizzazioni di
 produzione o  di  smercio  (art.  5  del  regolamento  n.  1924/1919,
 citato)";  e che "qualunque modificazione deve essere autorizzata con
 nuovo decreto da assoggettarsi a tassa";
      la  nota  alla  voce  n.  5  (autorizzazione   all'apertura   di
 ambulatori, case o istituti di cura medico-chirurgica o di assistenza
 ostetrica,   case  o  pensioni  per  gestanti),  sulla  base  di  una
 definizione degli ambulatori, stabilisce che "non  sono  soggetti  ad
 autorizzazione  e  quindi  al  pagamento delle tasse sopradistinte, i
 gabinetti  personali  e  privati,  in  cui  i   medici   generici   e
 specializzati esercitano la loro professione";
      la  nota  alla  voce n. 7 (autorizzazione igienico-sanitaria per
 l'apertura  di  pubblici  esercizi)  precisa  che   "l'autorizzazione
 occorre  anche  per  le dipendenze staccate dall'esercizio principale
 dell'albergo, costituendo queste esercizi a se' stanti";
      la  nota  alla  voce  n.  8   (autorizzazione   all'apertuta   e
 all'esercizio  di  rivendite  di latte, e autorizzazione a produrre e
 mettere in commercio crema, panna montata, ecc.) stabiliscono  alcuni
 casi  in cui gli esercizi "sono esonerati dall'autorizzazione" o "non
 hanno l'obbligo di munirsi dell'autorizzazione";
      la nota alla voce n. 10  (autorizzazione  per  la  produzione  e
 confezione  di estratti di origine animale o vegetale) stabilisce che
 "la domanda diretta ad ottenere l'autorizzazione.. .. .. deve  essere
 rivolta alla regione, distintamente per ogni singolo prodotto";
      la  nota  alla voce n. 17 (abilitazione all'esercizio venatorio)
 prevede  che  "l'abilitazione  all'esercizio  venatorio  si  consegue
 soltanto  dopo aver superato l'esame previsto dalla legge 27 dicembre
 1977, n. 968";
     la nota alla voce  n.  18  (licenza  per  la  pesca  nelle  acque
 interne)  stabilisce che "le licenze di tipo A, B e C hanno validita'
 di sei anni dalla data di rilascio; quella di tipo D ha validita'  di
 tre  mesi";  che "nel caso di smarrimento o distruzione della licenza
 non puo' rilasciarsi un duplicato del  documento,  bensi'  una  nuova
 licenza  con  il  pagamento della relativa tassa o sopratassa"; e che
 alla tassa e' aggiunta una sopratassa annuale "da  ripartire  fra  le
 amministrazioni  provinciali, le associazioni dei pescatori sportivi,
 le associazioni regionali  cooperative  di  categorie  giuridicamente
 riconosciute,  secondo  criteri  da  stabilirsi con provvedimenti del
 consiglio regionale";
      la nota alla voce 23 (licenza per aprire e condurre  agenzie  di
 viaggio)  stabilisce  che "il rilascio della autorizzazione a persone
 fisiche e giuridiche straniere e'  subordinato  al  nulla-osta  dello
 Stato, sentita la regione"; che "non hanno bisogno dell'autorizazione
 e  quindi non sono nemmeno tenute al pagamento della tassa le aziende
 che si occupano  esclusivamente  della  vendita  di  biglietti  delle
 Ferrovie  dello  Stato";  che  "oltre  al  pagamento  della  tassa di
 apertura, i titoli delle agenzie sono tenuti a prestare  la  cauzione
 di cui all'art. 14 del r.d.-l. 23 novembre 1936, n. 2523, e dell'art.
 9 della legge n. 217/1983 nella misura fissata con legge regionale in
 relazione   al   tipo   di   attivita'   per   cui  viene  rilasciata
 l'autorizzazione"; che  "l'autorizzazione  e'  valida  anche  per  le
 succursali  o filiali situate nella stessa o in altre localita' della
 regione", mentre  sono  tenute  a  munirsi  di  distinte  licenze  le
 succursali  o  filiali  delle agenzie aventi sede in altre regioni; e
 che "l'autorizzazione regionale e' subordinata al  nulla  osta  della
 competente  autorita'  di  pubblica  sicurezza,  per  quanto  attiene
 all'accertamento del possesso dei requisiti di cui agli articoli 11 e
 12 del testo unico approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773, e  suc-
 cessive   modificazioni   (art.  9,  quinto  comma,  della  legge  n.
 217/1983)";
      la  nota  alla  voce  n.  25  (licenza  per  l'esercizio   della
 trebbiatura  a macchina) stabilisce che "la licenza di trebbiatura ha
 valore soltanto per la macchina o le macchine  trebbiatrici,  per  la
 specie di piante e per l'annata agraria", che "la licenza scade il 31
 dicembre  di  ogni anno" e "il rinnovo puo' essere richiesto entro il
 30 aprile di ciascun anno";
      le note alle voci n. 28 (permesso per la ricerca di sorgenti  di
 acque  minerali e termali), n. 32 (concessione per la coltivazione di
 giacimenti di acque minerali e termali) e n. 33 (concessione  per  la
 coltivazione  di  cave e torbiere) stabiliscono che "oltre alla tassa
 di concessione e' dovuto  il  diritto  proporzionale  annuo  previsto
 dalla vigente normativa in materia";
      la  nota  alla  voce  n.  35  (concessione  alla  costruzione  e
 all'esercizio di  vie  funicolari  aeree  in  servizio  pubblico  per
 trasporto  di  persone  o  cose)  stabilisce  che  "i  titolari della
 concessione sono inoltre tenuti, ai sensi della legge 23 giugno 1927,
 n. 1110, al pagamento del contributo di sorveglianza" la  cui  misura
 viene  di  seguito indicata; analoghi contributi di sorveglianza sono
 previsti e disciplinati dalle note alla voce n.  38  (concessione  di
 filovie,  con  riferimento alla legge 28 settembre 1939, n. 1822); n.
 39 (concessione per l'impianto e l'esercvzio di slittovie e  sciovie,
 con   riferimento  al  d.-l.  7  settembre  1938,  n.  1696);  n.  41
 (concessione di servizi  pubblici  automobilistici,  con  riferimento
 alla  legge  28  settembre 1939, n. 1822); n. 42 e n. 43 (concessione
 per l'esercizio di  servizi  pubblici  di  navigazione  interna,  con
 riferimento al d.P.R. 28 giugno 1949, n. 631);
      la   nota   alla  voce  n.  39  (concessione  per  l'impianto  e
 l'esercizio di slittovie e sciovie) stabilisce che "quando l'impianto
 abbia carattere di stabilita' per cio' che si  riferisce  alle  parti
 meccaniche,  ai  fabbricati e alla linea, la concessione ha la durata
 massima di anni dieci, salvo rinnovo", mentre "negli  altri  casi  la
 concessione  ha  la durata di una stagione, salvo rinnovo di stagione
 in stagione";
      la nota alla voce n. 40 (concessione  per  servizi  pubblici  di
 autotrasporto  di  merci)  stabilisce  che  nel  caso di passaggio di
 proprieta' di autoveicoli il nuovo proprietario deve ottenere  "altra
 apposita concessione con il relativo pagamento della tassa";
      la  nota  alla voce n. 46 (permesso per trasporto per effettuare
 corse per trasporto viaggiatori fuori linea con  autobus  adibiti  ai
 servizi  pubblici)  stabilise  che  "il  permesso  non puo' avere una
 durata superiore ai 5 giorni".
    Come si e' visto, in molti casi (ma  non  sempre)  le  note  fanno
 riferimento  a  testi  legislativi  o  regolamentari  statali,  anche
 anteriori al passaggio delle funzioni alle regioni.
    Ora, puo' ben darsi che  in  taluni  casi,  indipendentemente  dal
 richiamo  contenuto  nelle  predette  note, le relative discipline si
 possano  ricavare  dai  testi  menzionati.  In  ogni  caso  pero'  la
 riproduzione  nella  tariffa  in oggetto di tali discipline - che non
 attengono alle tasse sulle concessioni regionali, e  che  ben  spesso
 risalgono  ad  atti  normativi  statali  che  non  possono  ritenersi
 vincolanti per la regione - soprattutto  senza  la  precisazione  che
 essi valgono solo salvo diversa disciplina recata dai competenti atti
 normativi  regionali,  appare  lesiva  dell'autonomia  regionale,  ed
 eccede comunque la delega sulla cui base e' stata emanata la  tariffa
 in questione.
    In  taluni  casi  poi non vi e' nessun altro testo normativo a cui
 facciano  riferimento  le  disposizioni  contenute  nelle  note,  che
 pertanto  innovano  certamente nell'ordinamento, in materie riservate
 alla regione, ledendone l'autonomia e violando i limiti della delega.
    In particolare, va sottolineata la gravita' della  lesione  recata
 la'  dove,  nella  nota  alla  voce n. 18 (licenza per la pesca nelle
 acque interne) si stabilisce, con disposizione che non  ha  riscontro
 nella   vigente   legislazione,  la  devoluzione  del  gettito  della
 sopratassa a categorie di  soggetti  (amministrazioni  provinciali  e
 associazioni) individuate nella stessa nota.
    3.  -  La  voce n. 18 (licenza per la pesca nelle acque interne) -
 oltre a  contenere  nella  nota  le  disposizioni  gia'  censurate  -
 individua  i  tipi  di  licenza  rilasciate dalla regione in modo non
 conforme alla legislazione regionale vigene. Essa  infatti  distingue
 una  licenza  "tipo A" per la pesca con tutti gli attrezzi; una "tipo
 B" per la pesca con canna, con o senza mulinello, con uno o piu' ami,
 tirlindana, bilancia di lato non superiore a m. 1,50;  una  "tipo  C"
 per la pesca con la canna, con uno o piu' ami, e con bilancia di lato
 non  superiore  a  m.  1,50;  e  una  "tipo  D" per gli stranieri per
 l'esercizio della pesca con canna, con o senza mulinello, con  uno  o
 piu' ami, tirlindana e bilancia di lato non superiore a m. 1,50.
    Ora, tale classificazione dei tipi di licenza corrisponde bensi' a
 quella che era prevista dal vecchio testo unico delle disposizioni in
 materia  di  tasse sulle concessioni governative, di cui al d.P.R. 1º
 marzo 1961, n. 121, e successive  modificazioni  (voce  n.  54  della
 relativa  tariffa), e che era richiamata dall'art. 22- bis del r.d. 8
 ottobre 1931, n. 1604, in tema di pesca, come modificato dall'art.  1
 della  legge  20  marzo  1968,  n.  433. Ma detto t.u. n. 121/1961 fu
 espressamente abrogato dall'art. 15 del d.P.R. 26  ottobre  1972,  n.
 641,  il  quale,  nel  dettare  la nuova disciplina delle tasse sulle
 concessioni  governative,  omise ogni riferimento alla licenza per la
 pesca nelle acque  interne,  in  quanto  la  materia  era  stata  nel
 frattempo  trasferita  alla competenza delle regioni (art. 1, secondo
 comma, lett. p), del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11; e v.  in  seguito
 l'art. 100 del d.P.R. 27 luglio 1977, n. 616).
    Pertanto,  la  tipologia delle licenze, in relazione ai soggetti e
 ai mezzi  impiegabili,  e'  divenuta  oggetto  della  sola  normativa
 regionale.
    In  particolare, la regione ricorrente ha disciplinato la materia,
 da ultimo con la  l.r.  26  maggio  1982,  n.  25,  il  cui  art.  37
 stabilisce  che le licenze di pesca si distinguono in licenza di tipo
 A, che autorizza i pescatori di professione all'esercizio della pesca
 nelle acque interne con l'uso di tutti i mezzi e attrezzi consentiti;
 e  licenza  di  tipo  B,  che  autorizza   i   pescatori   dilettanti
 all'esercizio  della  pesca  nelle  acque interne con l'uso di canna-
 lenza, tirlindana e timoniera, bilancia o  bilancella  di  m  1,5  di
 lato,   mazzacchera,   bilancione   e   fucili   subacquei,   nonche'
 all'esercizio  della  pesca  subacquea.  La  licenza  di  tipo  A  e'
 riservata  ai  pescatori  di  professione (art. 39); tutte le licenze
 hanno la durata di sei anni (art. 40); le tasse e sopratasse  annuali
 per  l'esercizio  della  pesca  "sono stabilite dalle leggi regionali
 vigenti in materia di tasse sulle concessioni regionali" (art. 41).
    Ora, la nuova tariffa approvata con il d.lgs.  n.  230/1991  viene
 dunque  ad  innovare,  illegittimamente, sulla disciplina sostanziale
 della licenza, determinandone  tipologie,  caratteristiche  e  durata
 (per  quanto  riguarda  la licenza tipo D, che ha la validita' di tre
 mesi) in modo difforme da quanto stabilito dalla legge regionale.  Ma
 con  cio'  viene  lesa l'autonomia regionale, e ancora una volta sono
 violati i limiti della delega di cui al nuovo testo dell'art. 3 della
 legge n. 281/1970, la quale non attribuisce  affatto  al  Governo  il
 potere   di   determinare  le  tipologie  delle  licenze  e  relative
 caratteristiche, effetti e durata.
    4. - La voce n. 51 prevede la "licenza di  appostamento  fisso  di
 caccia", stabilendo un importo di L. 108.000.
    La  legislazione vigente della regione ricorrente, invece (art. 30
 della l.r. 31 luglio 1978, n.  47,  come  modificato  dalla  l.r.  16
 agosto  1988,  n.  41),  distingue  gli appostamenti secondo che essi
 siano "con o senza tabelle"; e la voce n. 15  della  vigente  tariffa
 delle tasse sulle concessioni regionali (l.r. 10 marzo 1980, n. 25, e
 succ.  modif.)  prevede una tassa di rilascio differenziata a seconda
 che la licenza riguardi un appostamento  di  caccia  "fisso"  o  "con
 tabelle",  con importi distinti, rispettivamente di L. 95.000 e di L.
 469.500.
    Ora, se la "licenza di appostamento fisso di caccia", di cui  alla
 voce  n.  15 della nuova tariffa, si ritiene comprensiva di entambi i
 tipi di licenza previsti dalla  legislazione  regionale,  ne  deriva,
 come  vedremo  fra  breve,  che  e'  violato il criterio della delega
 secondo cui l'importo della tassa deve essere pari al  90%  del  piu'
 elevato fra gli importi vigenti, in quanto l'importo stabilito e' ben
 inferiore  a  quello  recato  dalla  tariffa  regionale  in relazione
 all'appostamento con  tabelle.  Se  viceversa  si  ritenesse  che  la
 licenza  di  appostamento con tabelle non sia presa in considerazione
 dalla nuova tariffa, tale provvedimento regionale resterebbe  escluso
 dalla  tassa,  con  violazione  ancora  una  volta dell'art. 3 (nuovo
 testo)  legge n. 281/1970, che impone l'assoggettamento al tributo di
 tutti  gli  atti  e  provvedimenti  gia'  assoggettati  a  tassa   di
 concessione regionale.
    5. - In alcuni casi, infine, gli importi del tributo stabiliti dal
 d.lgs.  n. 230/1991 risultano inferiori a quelli che avrebbero dovuto
 essere stabiliti secondo la legge di delega (art. 3,  secondo  comma,
 lett.  c),  della legge n. 281/1970 come sostituito dall'art. 4 della
 legge n. 158/1990), e cioe' al 90%  del  tributo  di  ammontare  piu'
 elevato in vigore.
    Precisamente:
       a)  la  voce  n.  15  (licenza di appostamento fisso di caccia)
 prevede, come si e' ricordato, una tassa di rilascio di  L.  108.000,
 laddove  secondo  la  tariffa  regionale  in  vigore  la  licenza  di
 appostmento "con tabelle" (voce n. 15, lett. b), tariffa di cui  alla
 l.r. n. 25/1980 e succ. modif.) ammonta a L. 469.500;
       b) la voce n. 16, sub 1 (concessione di costituzione di azienda
 faunistico-venatorie)  prevede esclusivamente una tassa di rilascio e
 una tassa annuale di L. 4.650 per ogni ettaro o frazione di esso.
    Viceversa la voce n. 18, sub 1 e  sub  2,  della  vigente  tariffa
 regionale prevede, oltre a una tassa per ettaro che e' comunque assai
 superiore,  per le aziende faunistiche private fuori dalla zona delle
 Alpi, a quella recata dalla nuova tariffa (L. 7.000 contro L. 4.650),
 altresi' una tassa di rilascio in cifra fissa, pari a L. 469.500  per
 le  aziende private fuori dalla zona delle alpi e a L. 118.000 per le
 aziende private nella zona delle Alpi (voce n. 16, sub  1  e  sub  2,
 tariffa di cui alla l.r. n. 25/1980 e succ. modif.). Tale tassa fissa
 non  e'  prevista  dalla  tariffa  recata dal d.lgs. n. 230/1991, che
 dunque anche sotto questo profilo viola i limiti della delega e  lede
 l'autonomia regionale;
       c)  la  voce  n.  18 (licenza per la pesca nelle acque interne)
 stabilisce per le licenze di tipo " C " e " D" (non previste  -  come
 si  e'  detto - dalla legislazione regionale) importi (L. 19.000 e L.
 16.500) assai inferiori  al  90%  dell'importo  previsto  secondo  la
 vigente  tariffa regionale sia per l'uno che per l'altro dei due tipi
 di licenza ivi previsti (" A " e " B": rispettivamente L. 57.000 e L.
 29.000: voce n. 18 tariffa di  cui  alla  l.r.  n.  25/1980  e  succ.
 modif.). Anche a tale proposito e' violato il criterio della delega;
       d)   la   voce   n.   41   (concessione   di  servizi  pubblici
 automobilistici)stabilisce importi della tassa molto inferiori al 90%
 di quelli recati dalla vigente tariffa regionale (voe n.  41  tariffa
 di  cui alla l.r. n. 25/1982 e succ. modif.): precisamente L. 317.000
 contro L. 396.000 per gli autoservizi con frequenza giornaliera ( sub
 1); L. 192.000 contro L. 239.500 per gli  autoservizi  con  frequenza
 non  superiore  a  quattro  giorni  per settimana ( sub 2); L. 64.000
 contro L. 80.500 per gli autoservizi con frequenza  non  superiore  a
 due  giorni  per settimana ( sub 3), L. 7.015 contro L. 9.000 per gli
 autoservizi a carattere esclusivamente operaio e per studenti  (  sub
 5).  Anche  in  questo caso e' dunque palesemente violato il criterio
 della delega.
    Risulta a questa difesa che  il  problema  della  non  conformita'
 degli  importi di talune voci ai criteri della delega venne sollevato
 in  sede  di  parere   della   conferenza   Stato-regioni,   cui   il
 provvedimento  fu  sottoposto dal Governo; nel verbale della riunione
 in data 18 giugno  1991  si  legge  che  "il  Governo,  su  specifica
 relazione  del  Ministro delle finanze, assume l'impegno di garantire
 la permanenza delle tariffe piu' alte in quelle regioni in cui in tal
 caso gia' dispongono le rispettive leggi regionali, anche  attraverso
 una  adeguata valutazione delle eventuali leggi regionali che saranno
 approvate  a  titolo  confermativo  dopo  l'entrata  in  vigore   del
 menzionato decreto legislativo".
    Il Governo era dunque consapevole del fatto che in alcuni casi non
 venivano   fissati   importi   corrispondenti   a  quelli  risultanti
 dall'applicazione dei criteri della delega. Non si  vede  pero'  come
 possa aver rilievo l'"impegno" del Governo a "garantire la permanenza
 delle  tariffe  piu'  alte",  una  volta  che  la  tariffa  e'  stata
 determinata del decreto legislativo.
    Una "conferma" dei maggiori importi in vigore ad  opera  di  leggi
 regionali  non  e' prevista dal nuovo art. 3 della legge n. 281/1970,
 il quale, al quinto comma, prevede solo la possibilita'  di  disporre
 con  legge  regionale  aumenti  in  misura non superiore al 20% degli
 importi determinati per il periodo precedente; ma e' dubbio che  cio'
 possa accadere prima del primo anno successivo a quello di entrata in
 vigore  della nuova tariffa, la quale, a partire dal 1º gennaio 1992,
 sembra  destinata  a  sostituire  le  tariffe  recate   dalle   legge
 regionali, e in vigore nel 1991.
    Che  il  Governo  possa  predisporsi  a  consentire  il  corso  di
 eventuali leggi reginali le quali, correggendo l'errore del d.lgs. n.
 230/1991, stabiliscano gia' per il 1992 importi  superiori  a  quelli
 recati  da  detto  decreto, e pari a quelli piu' elevati recati dalle
 vigenti tariffe  regionali  -  come  farebbe  pensare  l'accenno  del
 verbale  citato  ad  una  "adeguata valutazione delle eventuali leggi
 regionali che saranno approvate a titolo confermativo dopo  l'entrata
 in  vigore  del  menzionato decreto legislativo" - e' una ipotesi che
 aprirebbe alla regione ricorrente una strada pratica per  evitare  il
 pregiudizio economico derivante dalla fissazione in misura inadeguata
 dell'importo  del  tributo. Ma non e' ipotesi tale da fare venir meno
 la lesione dell'autonomia, se non  altro  perche'  l'eventuale  legge
 regionale potrebbe rimanere esposta a censure di incostituzionalita',
 per  contrasto col nuovo art. 3 della legge n. 281/1970, sollevate in
 via incidentale davanti a questa Corte; tanto meno tale ipotesi  puo'
 far  venire  meno  l'oggettiva e inconfutabile violazione dei criteri
 della delega, commessi col decreto legislativo impugnato.